È stata diffusa oggi l’Esortazione Pastorale «Amoris Laetitia», ovvero un insieme di riflessioni di Papa Francesco scaturite a seguito dei due sinodi sulla Famiglia (2014 e 2015), fortemente voluti dal Santo Padre stesso e dai Cardinali per interrogarsi sui cambiamenti sociali che si stanno compiendo in questi anni e per fornire a religiosi e fedeli delle indicazioni più chiare su quali siano i comportamenti più giusti per un buon cristiano in materia di famiglia.
Qui sotto, è possibile trovare una breve sintesi dei punti principali di questo testo tratta dal sito chiesadimilano.it, il link diretto al sito vatican.va in cui è stata pubblicata per intero l’Esortazione e il testo integrale in versione PDF e EPUB.
«La strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero». Per il Papa, dunque, «sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione». In sintesi, la ricetta dell’Amoris Laetitia è di «integrare tutti», «aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita»: «Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo», ammonisce Francesco, che subito dopo precisa: «Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino». «Accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta», il primo imperativo.
Il punto di partenza è la consapevolezza che «il matrimonio cristiano, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, si realizza pienamente nell’unione tra un uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la grazia per costituirsi come Chiesa domestica e fermento di vita nuova per la società». «Altre forme di unione – puntualizza il Papa – contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo».
Ai pastori, quindi, «compete non solo la promozione del matrimonio cristiano, ma anche il discernimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più questa realtà», per «entrare in dialogo pastorale con tali persone al fine di evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza» e «identificare elementi che possono favorire l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale». Accogliere e accompagnare «con pazienza e delicatezza», il consiglio del Papa in queste situazioni, sulla scorta dello stile adottato da Gesù con la samaritana.
I divorziati risposati, in particolare, «devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo». È la «logica dell’integrazione», per il Papa, «la chiave del loro accompagnamento pastorale»: «Sono battezzati, sono fratelli e sorelle», «non devono sentirsi scomunicati», e la loro partecipazione «può esprimersi in diversi servizi ecclesiali», attraverso la capacità di «discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate». «Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete – l’affermazione di sintesi del Papa sull’impostazione di fondo di Amoris Laetitia – è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi».
«È possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa», si legge al numero 305 del documento, in cui s’invitano i pastori al «discernimento pratico» caso per caso. «Un pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni irregolari, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone», il monito del Papa: «È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite». Di qui la necessità di riflettere «su condizionamenti e circostanze attenuanti», e sul rapporto tra «le norme e il discernimento». «Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà», la raccomandazione pastorale di Francesco sulla scorta dell’Evangelii gaudium.
«Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale pieno, né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture». Ne è convinto il Papa, che nell’ultima sezione dell’ottavo capitolo dell’Amoris Laetitia spiega in questi termini la «logica della misericordia pastorale», che consiste nell’«assumere la logica della compassione verso le persone fragili» e nell’«evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti», usando la «forza della tenerezza» per mettere in pratica ciò che il Vangelo stesso ci richiede: «Non giudicare e non condannare». Gesù, è il «Pastore di cento pecore, non di novantanove», e «le vuole tutte»: «La misericordia non è solo l’agire del padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli», e la Chiesa «non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa».
No, allora, a una «morale fredda da scrivania», sì al «discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare». Nasce da qui l’invito finale dell’ottavo capitolo, in cui Francesco esorta i fedeli «che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio con i loro pastori e con laici che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una conferma delle proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino di maturazione personale». Ai pastori, l’invito del Papa è «ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere il loro punto di vista, per aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa».
Un invito a distinguere tra «mobilità umana» e «migrazioni forzate» nel secondo capitolo di Amoris Laetitia, in cui ricorda che l’ultimo Sinodo sulla famiglia «ha dato una grande importanza» alla tematica delle migrazioni, campo in cui la Chiesa «ha esercitato un ruolo di primo piano».
«La mobilità umana – precisa Francesco – corrisponde al naturale movimento storico dei popoli, può rivelarsi un’autentica ricchezza tanto per la famiglia che emigra quanto per il Paese che la accoglie». Altra cosa, invece «è la migrazione forzata delle famiglie, frutto di situazioni di guerra, di persecuzione, di povertà, di ingiustizia, segnata dalle peripezie di un viaggio che mette spesso in pericolo la vita, traumatizza le persone e destabilizza le famiglie». «L’accompagnamento dei migranti esige una pastorale specifica rivolta alle famiglie in migrazione, ma anche ai membri dei nuclei familiari rimasti nei luoghi d’origine», raccomanda Francesco: «Ciò deve essere attuato nel rispetto delle loro culture, della formazione religiosa e umana da cui provengono, della ricchezza spirituale dei loro riti e tradizioni». «Le migrazioni appaiono particolarmente drammatiche e devastanti per le famiglie e per gli individui quando hanno luogo al di fuori della legalità e sono sostenuti da circuiti internazionali di tratta degli esseri umani», la denuncia del Papa, secondo il quale «lo stesso può dirsi quando riguardano donne e bambini non accompagnati, costretti a soggiorni prolungati nei luoghi di passaggio, nei campi profughi, dove è impossibile avviare un percorso di integrazioni». Senza contare la prostituzione o il traffico di organi, e le persecuzioni dei cristiani, specialmente in Medio Oriente.
C’è poi il dramma delle «famiglie schiacciate dalla miseria, penalizzate in tanti modi», prive della casa, di un lavoro o minacciate anche dalla «decostruzione giuridica» della famiglia, che tenta di minare il primato della famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio», che «giova alla società».
Tra i «costumi inaccettabili», Francesco menziona «la vergognosa violenza che a volte si usa nei confronti delle donne, i maltrattamenti familiari e varie forme di schiavitù che non costituiscono una dimostrazione di forza mascolina bensì un codardo degrado». «La violenza verbale, fisica e sessuale che si esercita contro le donne in alcune coppie di sposi contraddice la natura stessa dell’unione coniugale», denuncia il Papa, che cita la «grave mutilazione genitale della donna in alcune culture, ma anche la disuguaglianza dell’accesso ai posti di lavoro dignitosi e ai luoghi in cui si prendono le decisioni».
Da stigmatizzare, inoltre la pratica dell’«utero in affitto», la «strumentalizzazione e mercificazione del corpo femminile nell’attuale cultura mediatica», ma anche la posizione di «chi ritiene che molti problemi attuali si sono verificati a partire all’emancipazione della donna». «Questo argomento non è valido, è una falsità, non è vero», tuona Francesco: «È una forma di maschilismo». Sulle questioni bioetiche e morali, l’indicazione di Francesco, «siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle».
Tra le «situazioni complesse», Francesco cita i matrimoni tra cattolici e altri battezzati, che presentano «numerosi elementi che è bene valorizzare e sviluppare», i matrimoni misti e quelli con disparità di culto, «luogo privilegiato di dialogo interreligioso» e oggetto di «una cura pastorale differenziata secondo i diversi contesti sociali e culturali».
Imparare a educare i figli senza l’«ossessione del controllo». È uno dei consigli del Papa ai genitori, contenuto nel capitolo settimo dell’Amoris Laetitia, dedicato a questo tema. «Generare processi più che dominare spazi», lo slogan di Francesco: «Se un genitore è ossessionato di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di dominare il suo spazio. In questo modo non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le sfide». «Sì all’educazione sessuale», il titolo di un paragrafo, in cui il Papa propone un esame di coscienza: «Dovremmo domandarci se le nostre istituzioni educative hanno assunto questa sfida. È difficile pensare l’educazione sessuale in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la sessualità. Si potrebbe intenderla solo nel quadro di una educazione all’amore, alla reciproca donazione».