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«Educarsi al pensiero di Cristo» – Lettera pastorale del Cardinale Scola

Martedì 8 settembre, il nostro Arcivescovo Angelo Scola ha presentato ufficialmente alla Diocesi la nuova lettera pastorale «Educarsi al pensiero di Cristo», in occasione dell’apertura del nuovo anno pastorale.

Il testo, che è disponibile anche in versione ebook (1.49 euro), accompagnerà il cammino della Chiesa ambrosiana nel prossimo biennio 2015-2017.

Per informazioni e prenotazioni, tel. 02.67131639.

La lettera si articola in cinque capitoli: eccone una sintesi tratta dal sito Avvenire.it.

Introduzione
Mi accingo a concludere la Lettera Pastorale che accompagnerà il cammino della nostra Chiesa per gli anni 2015-2016 e 2016-2017, al ritorno da un viaggio in Libano ed in Iraq. Non posso raccontare in dettaglio ciò che ho visto e toccato con mano. Voglio invece sottolineare la fede profonda di quei nostri fratelli e sorelle cristiani, sottoposti a prove per noi inimmaginabili. Come possiamo noi cristiani del Nord Occidentale del pianeta “girare la faccia dall’altra parte”, ignorando le terre benedette in cui la storia del popolo ebraico e quella del popolo cristiano affondano le loro radici? Tali storie per noi hanno in Gesù Cristo il punto d’incontro, nell’inseparabile legame tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Non è forse Lui la sorgente dello stile di vita di ogni cristiano, ambito in cui il pensiero di Cristo (1 Cor 2,16) e quindi i sentimenti di Cristo (Fil 2,5) si sono andati plasmando lungo i secoli?
I. Eventi
Incomincio elencando i più importanti eventi comuni che ci attendono nel futuro prossimo: Expo 2015; Il pellegrinaggio regionale ad Assisi; La Visita Pastorale 2015-2017; Il Convegno di Firenze; Il discorso di Sant’Ambrogio; Milano, metropoli europea; L’Anno Santo della Misericordia.
II. Pietro e i discepoli alla scuola di Gesù
Il pensiero di Cristo è la grazia di una “sapienza” nuova. Non un pacchetto ben confezionato di buone idee cui fare ricorso alla bisogna. Non perciò una conquista di cui vantarsi, ma un dono dello Spirito Santo di cui essere grati. È la sorpresa di uno sguardo (una mentalità: nous) che urge al paragone con se stessi, con gli altri, con tutta la realtà e con Dio. I fatti che accadono ricevono piena luce dalla parola di Gesù. Gesù propone un modo diverso di pensare la vita, il rapporto con Lui si rivela come criterio interpretativo della realtà tutta.

In questa ottica la figura di Pietro è particolarmente emblematica della difficoltà vissuta dai discepoli per entrare nel pensiero di Cristo. Soprattutto la reazione di Pietro al primo annuncio della passione, subito dopo averlo riconosciuto come il Cristo, mette in luce una logica che obietta a quella di Dio e del suo disegno di salvezza: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai» (Mt 16,22). La risposta dura di Gesù evidenzia la posta in gioco: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16,23; cfr. Mc 8,33). Pietro e gli altri discepoli dovranno capire che Gesù è determinato dall’obbedienza al Padre e dalla missione da Lui ricevuta.

L’episodio della lavanda dei piedi raccontato dall’evangelista Giovanni nel momento in cui Gesù «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1), dice in modo drammatico che cosa implichi avere gli stessi sentimenti di Cristo (cfr. Gv 13,1-20). La reazione impetuosa di Pietro che, per amore a colui che è Signore e Maestro (cfr. Gv 13,13-14), ostinatamente per due volte rifiuta di farsi lavare i piedi, provoca il “non far parte” di Cristo (cfr. Gv 13,8), in qualche modo un prendere le distanze dalla sua persona. La sproporzione del gesto di Gesù è imponente ma, anche se provoca l’incomprensione, serve a renderlo esplicito nel suo valore simbolico di dono totale di sé, di offerta della vita.

Il cammino di Pietro dietro a Gesù, con tutta la sua dinamica di cambiamento e di continuo paragone con il pensiero ed i sentimenti di Cristo, trova il suo vertice nell’episodio dell’incontro con il Risorto (cfr. Gv 21,15-19). La triplice domanda di Gesù a Pietro: «Mi ami?», anzitutto provoca il primo degli apostoli e fa emergere dal suo cuore quell’amore reale che ha per Cristo e che, con dolore, riafferma (cfr. Gv 21,17); in secondo luogo, aiuta Pietro a capire qualcosa di più di Cristo, a pensare se stesso in rapporto a Lui in modo nuovo. L’episodio del capitolo 21 del Vangelo di Giovanni costituisce il culmine del rapporto tra Pietro e Gesù: solo ora, veramente, Pietro può seguirlo («Seguimi», Gv 21,19) sulla sua stessa strada, che Gesù chiaramente gli indica (cfr. Gv 21,18). Nel riconoscimento di un amore che sfonda il limite, Pietro è pronto a seguire Cristo fin al martirio e a prendersi cura del suo gregge.

Gli Atti degli Apostoli documentano questo sviluppo del pensiero di Cristo tra i credenti, quando la nascente comunità cristiana deve affrontare situazioni nuove e domande inedite, poste dalle circostanze storiche. In questo primo sviluppo della comunità cristiana, l’apostolo Pietro emerge come la colonna fondamentale, colui che accompagna i fratelli nella fede a cogliere i suggerimenti che lo Spirito offre attraverso i fatti che accadono, di cui lui per primo si sorprende. Pietro guiderà la comunità cristiana di Gerusalemme a comprendere che solo la grazia del Signore Gesù è fonte di salvezza per ogni uomo, affermando con forza: «Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro» (At 15,11).

III. Educarsi al «pensiero di Cristo»
Nella Chiesa attraverso la comunione, alla scuola della Scrittura, della Tradizione e del Magistero, facciamo nostri il pensiero e i sentimenti di Cristo che crescono progressivamente in noi generando una mentalità. L’incontro con Gesù per il credente è la sorgente di un nuovo modo di pensare gli affetti, il lavoro, il riposo e la festa, l’educazione, il dolore, la vita e la morte, il male e la giustizia. Egli trova in Cristo il criterio per valutare ogni cosa approfondendo l’unità della propria persona.
In questa prospettiva lasciarsi educare al pensiero di Cristo chiede di immedesimarsi con il pensare e il sentire di Cristo, con il suo modo di guardare e abbracciare la realtà.
L’incontro con Cristo, pertanto, spalanca ad ogni altro incontro e rende capaci di affrontare ogni situazione secondo questa nuova mentalità che scaturisce da Lui.

San Massimo con geniale profondità afferma che avere il pensiero di Cristo implica anche pensare Cristo stesso attraverso tutte le cose, nessuna esclusa. Non vi è nulla nel reale che sia estraneo a Gesù Cristo e tutto ci parla di Lui. Per questo il culto cristiano non è riducibile a riti, ma si attua in pienezza con il vivere tutta l’esistenza “in Cristo”. Tuttavia questo “culto spirituale”, cioè l’offerta della nostra vita in Cristo, con Cristo e per Cristo, non è automatico. Per questo Paolo, con profondo realismo, ammonisce i cristiani che sono nel mondo a non conformarsi alla mentalità del mondo. Assecondare l’incontro con Cristo, mettersi alla sua sequela, comporta una permanente conversione, un cambiamento di mentalità per assumere sempre di più la persona e l’esistenza di Cristo come criterio del proprio pensare ed agire.

Il libro degli Atti degli Apostoli mette in evidenza come l’educarsi a pensare secondo Cristo e a pensare Lui attraverso le cose, non sia opera individuale, ma esercizio di comunione con i fratelli nel Signore Gesù.

IV. Educarsi al «pensiero di Cristo» nella Chiesa ambrosiana di oggi
Tenendo conto dell’attuale tempo storico, ritengo urgente che nella nostra diocesi si approfondisca il tema del pensiero e dei sentimenti di Cristo. È necessario riscoprire la dimensione culturale della fede, per vincere l’estraneità tra la nostra pratica cristiana e il concreto quotidiano.

La dimensione culturale della fede spalanca i credenti all’universale confronto con tutti e con tutto. Nella società plurale che sempre più caratterizza la nostra metropoli, anche il cattolicesimo popolare tipico della nostra terra ambrosiana potrà diventare fecondo solo se la fede diventa mentalità stabile. In altri termini la fede è chiamata a diventare sempre più la forma della vita dei singoli e delle comunità cristiane.

a) Misericordia e cultura

La dimensione culturale della fede

Le nostre comunità hanno una straordinaria capacità di promuovere iniziative e servizi a diversi livelli. Ma, domandiamoci: queste nostre attività, di importanza indubbia, incidono in maniera determinante sul modo di concepire la vita nei suoi aspetti fondamentali? Eppure la dimensione culturale della fede è costitutiva della vita della comunità cristiana. La nostra è una società plurale in cui si incontrano e talora si scontrano diverse visioni del mondo. Così noi oggi assistiamo a diverse interpretazioni culturali del stesso fatto cristiano. Ad esempio, secondo taluni i principali misteri cristiani (Trinità, Cristo, Eucarestia, Chiesa) con le loro implicazioni etiche e sociali sono solo dei miti superati che ostacolano l’autentico progresso. Anche all’interno della stessa chiesa convivono interpretazioni della fede diverse: da una parte si propugna una fede come fondamento di una religione civile, dall’altra si afferma che conta solo la croce di Cristo e tutto il resto non deve assumere uno specifico segno cristiano. È invece necessario approfondire e proporre le implicazioni antropologiche, sociali e cosmologiche dei misteri cristiani vissuti.

Coltivare la misericordia 

La misericordia è il tratto principale del pensare e agire di Gesù. Il Santo Padre ha voluto che il motto di questo Anno Santo sia Misericordiosi come il Padre. Invito a praticare le opere di misericordia corporali e spirituali. Esse generano atteggiamenti e gesti che, vissuti con fedele regolarità, lentamente rinnovano i nostri cuori. Sarà bene valorizzare il legame tra misericordia e pellegrinaggio: sono tanti i Santuari nella nostra diocesi e sono molto amati, visitati, vissuti. Lungo questo anno straordinario sarà decisivo riscoprire l’importanza del nostro battesimo e della celebrazione del sacramento della riconciliazione: autentica pedagogia al pensiero di Cristo.

b) Il pensiero di Cristo e la riforma della Chiesa
Educarsi al pensiero di Cristo e avere i suoi sentimenti è la strada privilegiata per la riforma della Chiesa.

La famiglia, soggetto di evangelizzazione

Oggi la mentalità comune quasi non riesce più a riconoscere il senso e la bontà del mistero nuziale, cioè dell’inscindibile nesso tra differenza sessuale, dono di sé all’altro e fecondità. Per vincere la grave separazione tra la fede e la vita occorre ripartire dalla famiglia come soggetto diretto di evangelizzazione, pensando al coinvolgimento delle famiglie in quanto famiglie in azioni pastorali concrete.

Riforma del presbiterio e della vita consacrata

Il nostro presbiterio è chiamato ad intensificare esercizi di comunione e a porre in atto processi di rinnovamento nella pratica del ministero. La preghiera comune, il confronto stabile, la condivisione e la convivialità tra ministri ordinati aiuta molto a rinnovare il modo di pensare, vincendo il rischio dell’individualismo. Anche il dono della vita consacrata risulta particolarmente prezioso per l’educazione al pensiero di Cristo. La presenza della vita consacrata offre ai fratelli costante apertura all’universalità della Chiesa.

Pluriformità nell’unità

Parrocchie e comunità pastorali, con i loro oratori e la varietà di gruppi, associazioni e movimenti sono i luoghi imprescindibili di educazione ad una fede che incida nella vita quotidiana del popolo. Molte persone appartenenti a queste realtà già sono coinvolte soprattutto nell’iniziazione cristiana e nelle opere di carità. È però necessaria una maggior disponibilità reciproca, senza chiusure pregiudiziali.

c) Alcuni ambiti privilegiati per l’educazione al pensiero di Cristo La liturgia

La dimensione profonda del reale è custodita e potentemente annunciata dalla liturgia cristiana, con le sue celebrazioni sacramentali ma anche con il suo anno liturgico. In questa direzione vanno promosse tutte quelle iniziative che aiutano il popolo cristiano a cogliere il senso della celebrazione. Particolare cura va data al canto liturgico, al patrimonio di cultura che la liturgia cristiana ha consegnato alla Chiesa e all’intera umanità (le architetture delle chiese, i dipinti e le sculture…) Auspico che si giunga presto a pubblicare un breve Cantorale diocesano. Inoltre mi preme sottolineare l’importanza dell’omelia domenicale.

La catechesi

È decisivo il cammino che stiamo compiendo riguardo agli itinerari della iniziazione cristiana e dell’educazione dei ragazzi e dei giovani fino ad arrivare alla età adulta. Occorre che il nostro impegno catechetico giunga fino a tentare risposte alle domande cruciali che l’uomo del terzo millennio si pone. Non meno significativa è l’esperienza sempre più rilevante del Catecumenato degli adulti nella nostra diocesi. Si impara molto circa il modo di intendere il rapporto tra fede e “pensiero di Cristo” riflettendo sul perché e sul come questi nostri fratelli e sorelle, perlopiù provenienti da paesi e culture molto diversi, chiedono e si preparano a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana

Le opere di carità e i luoghi della sofferenza

Nella nostra diocesi l’impegno per la carità è veramente ampio e fortemente qualificato. Il linguaggio della carità è senza dubbio quello che ogni uomo e ogni donna comprende immediatamente, qualunque sia il suo orientamento di vita. Questa capacità di parlare a tutti propria della carità dovrebbe aiutarci ad approfondire l’intrinseco rapporto tra la carità e la cultura, che spesso invece sfugge. La carità porta con sé un preciso modo di guardare alla vita, genera cultura. Si fa qui quanto mai opportuna la già avviata riflessione sul nuovo umanesimo che valorizzi la persona come bene in se stesso e nelle sue relazioni fondamentali. Le nostre opere di carità, la nostra attenzione alle povertà, antiche e nuove, l’accoglienza degli immigrati e degli esclusi, la condivisione delle sofferenze nei luoghi mondiali di violenza e di guerra, il superamento della tragedia della fame nel mondo, l’urgenza di un’ecologia integrale e l’apertura universale a condividere il bisogno dei popoli e a promuovere l’unità della famiglia umana, sono chiamate ad esprimere una visione della persona alla luce della rivelazione dell’amore nella Pasqua di Cristo.
Un impegno decisivo è richiesto oggi nel mondo della sanità, luogo di sofferenza ma allo stesso tempo spazio per tanti gesti di misericordia, capaci di trasfigurare il dolore e il male del mondo.

Le opere educative e culturali

Se il grande dramma della nostra pratica cristiana è la separazione tra la fede e la vita, occorre qualificare nel miglior modo possibile l’impegno della Chiesa nel mondo della educazione, in particolare scolastica.
In questo contesto le scuole libere di ispirazione cristiana hanno un compito importante e delicato per mostrare quanto il pensiero di Cristo favorisca una ricerca, un insegnamento ed uno studio appassionati alla verità. La Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose, la Biblioteca Ambrosiana, il Pontifico Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, la Scuola Beato Angelico, e l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sono istituzione cui tocca proporre una riflessione sistematica e critica dell’esperienza cristiana. Importanza decisiva ha la pastorale universitaria. Un particolare impegno sarà richiesto ai centri culturali perché si coordino per affrontare in maniera più efficace, con un effettivo sguardo di fede, le questioni scottanti dibattute nella società. Vorrei anche ricordare un maggior impegno nel sostenere i mass media di ispirazione cristiana.

L’impegno nella società plurale

Il nostro obiettivo non è in nessun modo quello di cercare l’egemonia. Ci interessa conoscere e testimoniare la sapienza nuova che viene da Cristo ed offrire all’uomo contemporaneo il nostro contributo per edificare la vita buona di tutti, consapevoli del bene che è l’essere insieme in una società in cui convivono persone portatrici di cosmovisioni diverse.

V. Il coraggio e la franchezza della testimonianza
Nel frangente storico di passaggio che siamo chiamati a vivere, riusciamo a capire da tanti segni che un’epoca è irrimediabilmente finita e ci lascia incerti di fronte al futuro. “Ora che succede?” è il drammatico interrogativo che si impone. Usciamo ad annunciare Gesù. Percorriamo con umile franchezza e coraggio le vie del mondo, ricchi solo della quotidiana compagnia di Gesù e della sua Chiesa. Senza pretese, liberi dall’esito. Noi vogliamo solo amare e sentire come Cristo e pensare Lui attraverso tutte le circostanze e i rapporti della nostra esistenza per il bene nostro e di tutta la famiglia umana.

La lettera sarà presentata in un incontro pubblico in programma giovedì 17 settembre, alle 18, presso l’Auditorium di Assolombarda (via Pantano 9, Milano). Chi volesse partecipare, può iscriversi al seguente link.

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