2015-04-26 (da News.va)
Il Papa in preghiera al Regina Caeli, insieme a tutti i fedeli in piazza San Pietro, per le vittime del devastante sisma che ieri mattina ha ucciso almeno 2263 persone tra il Nepal e i Paesi confinanti. E la terra continua a tremare: una nuova forte scossa, intorno alle 9 ora italiana, ha terrorizzato la popolazione di Kathmandu. Intanto è partita la macchina degli aiuti internazionali.
“Prego per le vittime, per i feriti e per tutti coloro che soffrono a causa di questa calamità. Abbiano il sostegno della solidarietà fraterna e preghiamo la Madonna perché sia loro vicina”.
Così Papa Francesco ha espresso la propria vicinanza alla popolazione nepalese gravemente colpita dal terremoto, dopo aver affidato alla misericordia del Signore le anime delle vittime e aver invocato guarigione e consolazione per tutte le persone coinvolte, in un messaggio inviato ieri sera al nunzio apostolico in Nepal.
Questa mattina un nuovo forte sisma di magnitudo 6.7 è tornato a sconvolgere il Paese, dopo una notte di scosse di assestamento, causando anche un’altra valanga sui campi base dell’Everest – dove erano stati recuperati già 18 corpi – che sono in corso di evacuazione. I bilanci gravissimi purtroppo non sono definitivi: oltre 2200 le vittime, più di cinquemila i feriti e circa 6.6 milioni, secondo una prima stima dell’Onu, le persone colpite. Un intero villaggio, Langtantg, a nord della capitale, è stato sommerso da una frana che potrebbe nascondere un altro centinaio di morti: una tragedia, insomma, seconda solo al sisma di 81 anni fa, che uccise in Nepal più di diecimila persone.
Il governo di Kathmandu ha dichiarato lo stato di calamità naturale ed il presidente Koirala ha invitato i cittadini a restare uniti pur nel grande disastro. Intanto, stanno arrivando i primi aerei di aiuti, ma è di nuovo chiuso l’aeroporto della capitale, dove sono bloccati alcuni cargo umanitari indiani, mentre alcuni voli non sono stati fatti atterrare. Intanto in tutta la città proseguono senza sosta le operazioni di soccorso.
Sulla situazione reale del Paese abbiamo sentito Paolo Beccegato, vicedirettore della Caritas italiana e responsabile dell’area internazionale dell’organismo umanitario:
R. – Purtroppo la situazione è molto grave! Molti villaggi, soprattutto quelli più montagnosi, non sono ancora stati raggiunti, per cui c’è un lavoro piuttosto concitato di salvataggio di queste vite umane, logistico per raggiungere queste zone remote, per valutare i danni, e anche per quanto riguarda i feriti: molti sono feriti gravemente, per cui lo sforzo grande è anche quello del trasporto in ospedale. Molto spesso, ancora, va via la corrente elettrica e quindi non si può neanche comunicare…
D. – Si parla di oltre duemila vittime. Dopo la nuova forte scossa di oggi, il bilancio è destinato ad aggravarsi? Che speranze ci sono di estrarre ancora superstiti da sotto le macerie?
R. – L’esperienza dice che si possono estrarre superstiti anche a distanza di giorni… Però, per quanto riguarda il conteggio delle vittime, purtroppo c’è da pensare che non sia terminato. C’è anche il problema che molte persone alla nascita non vengono registrate all’anagrafe e quindi, anche lì, c’è sempre una valutazione generalmente sottostimata di quello che poi è il vero dato. Quello che conta in questo momento è il coordinamento degli aiuti e cercare di raggiungere tutte le zone colpite.
D. – Secondo l’esperienza della Caritas, di cosa ha maggiormente bisogno la gente in questo momento?
R. – In questa prima fase c’è il problema di far dormire le persone sostanzialmente al di fuori delle proprie case perché c’è una paura terribile, spesso ci sono attacchi di panico e il cosiddetto disturbo post-traumatico colpisce anche in questi casi, soprattutto i minori. Chi ha perso tutto deve essere certamente sostenuto da tutti i punti di vista, però anche quelli psicologici, quelli spirituali e una visione nella sua integrità.
D. – Arrivano anche notizie di ospedali sovraffollati: c’è un rischio concreto di epidemie?
R. – Questo è difficile da valutare in questo momento. Sono zone sostanzialmente fredde, montagnose e quindi ci sono dinamiche molto diverse rispetto ai contesti più caldi, più tropicali. Bisognerà valutare dopo se sono state contaminate alcune falde acquifere, e ci sono, appunto, problemi di contagio. In questo momento è troppo presto per poterlo dire.
D. – I danni al patrimonio artistico del Paese a lungo termine influiranno su una economia già tanto povera?
R. – Noi ci concentriamo soprattutto sulle persone, però non va sottovalutato questo elemento. In questo caso il danno al turismo e al patrimonio artistico, il danno – diciamo – culturale provocherà senz’altro delle conseguenze nel medio e lungo termine per queste zone del mondo già di per sé povere, che dovranno essere sostenute anche da questo punto di vista per il tentativo di ripristino di alcune strutture e del patrimonio artistico.
(Da Radio Vaticana)